Fonte: RomaSette.it di Michela Altoviti pubblicato il 19 Giugno 2017
A San Cipriano l’incontro del Cortile dei Gentili. Gristina della Siarti: «Pur partendo da posizioni differenti possono collaborare in vista di obiettivi comuni»
Il limite, inteso come luogo del pregiudizio, va
superato. Quando invece sia barriera protettiva, di contenimento, va
rispettato. È questo il messaggio emerso dalle riflessioni degli oratori
che venerdì sera, 16 giugno, hanno animato il dibattito
“Scienza&Fede, la sfida del dialogo” organizzato dal Cortile dei
Gentili presso la parrocchia di San Cipriano, a Torrevecchia. Ad aprire
l’incontro padre Laurent Mazas, direttore esecutivo della struttura del
Pontifico Consiglio della Cultura nata nel 2011 per favorire l’incontro
tra credenti e non credenti: «Il confronto è autentico se vi è rispetto
reciproco, che nasce dall’ascolto – ha spiegato – e oggi appare urgente
il dialogo in vista della fraternità, non del proselitismo».
In particolare il religioso ha sottolineato quale sia
l’atteggiamento da adottare fornendo indicazioni metodologiche «per
realizzare spazi di ricerca della verità»: si tratta di mettersi in
discussione, accettando anche la crisi. È da una matrice comune che
originano scienza e fede secondo Giuliano Amato, già presidente del
Consiglio e presidente della Consulta scientifica del Cortile dei
Gentili: «Il tentativo di rispondere alle domande radicali è ciò che
anima scienziati e credenti» ma mentre in passato «vi era dicotomia,
oggi vi è complementarietà: concorrono per dare senso all’esistenza».
Alla luce delle questioni etiche attuali come l’obiezione di
coscienza e la legge sul fine vita, approvata alla Camera e in questi
giorni in discussione al Senato, Amato auspica che a prevalere sia «il
senso di responsabilità: il credente risponde a Dio, lo scienziato alla
propria coscienza» perché c’è sempre «un limite da non valicare anche
quando tecnicamente fosse valicabile» per una scienza «che ci ha portato
a creare la vita in laboratorio e a gestire la morte». Il giudice
costituzionale ha citato Dante e il canto di Ulisse, vedendo nelle
Colonne d’Ercole il limite ultimo «non imposto da un Dio cattivo che
vuole frenare la scienza» ma un confine da rispettare «se non vogliamo
mettere a repentaglio la nostra stessa umanità».
Amato ha evidenziato come gli sviluppi della ricerca scientifica abbiano conferito in passato, e conferiscano ancora oggi, all’uomo «un potere che però non necessariamente deve essere praticato, specie se offende la nostra dignità». Quindi, concludendo con un invito alla capacità di accettazione della nostra condizione di creature, ha evidenziato l’importanza di «un dialogo proficuo tra scienziati, filosofi e teologi».
Giuseppe Gristina, coordinatore della Commissione di bioetica della Siaarti (Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva) da uomo di scienza che «non ha il dono della fede e si professa agnostico» ha posto l’accento sulla «serena convivenza» che caratterizza disciplina scientifica e fede, oggi: «pur partendo da posizioni differenti possono collaborare in vista di obiettivi comuni». Se la scienza muove «dai casi particolari per pervenire alla legge generale – ha spiegato -, la fede determina la creatura dal principio primo, il Creatore» ma un metodo diverso non manca di una base comune: «l’attività dello scienziato e la meditazione del credente sono entrambe una ricerca continua, animata dalla speranza». Ancora, Gristina ha evidenziato come quella tra scienza e fede sia una sfida solo «laddove si neghi il punto di vista dell’altro» rimandendo radicati nelle proprie posizioni: la vera sfida, invece, sta «nel saper riconoscere come legittime le ragioni dell’altro, del suo pensiero».
19 giugno 2017